Abbiamo intervistato l’artista Giuseppe Veneziano per parlare della sua carriera, di collezionismo e i suoi piani per il futuro.
Qui l’intervista completa con Veneziano:
Puoi raccontarci il tuo percorso come artista?
Le mie prime esperienze artistiche le ho avute negli anni dell’Università a Palermo. Parallelamente agli studi di architettura collaboravo con il quotidiano “Il Giornale di Sicilia” dove realizzavo illustrazioni e vignette.
Dopo la laurea e fino a trent’anni, però, ho fatto l’architetto finché non sono stato folgorato sulla via di Milano e ho cambiato completamente vita dedicandomi esclusivamente all’arte. I primi anni milanesi sono stati difficili economicamente ma entusiasmanti da un punto di vista emotivo perché ero riuscito a non abbandonare il sogno.
Quali sono state le tappe fondamentali della tua carriera da artista?
Il primo episodio che ritengo fondamentale per la mia storia artistica è stato la mostra personale organizzata nel locale milanese “Le Trottoir” dallo scrittore Andrea Pinketts. In quell’occasione esposi per la prima volta le mie opere nella capitale meneghina. La mostra ebbe un tale successo che mi fece guadagnare la copertina di una rivista internazionale di arte contemporanea “Flash Art”.
Ma la prima esposizione importante in una vera galleria l’ho realizzata da “Luciano Inga Pin Contemporary Art” nel 2006 con la mostra “American Beauty”. Allora fece molto discutere un ritratto della scrittrice Oriana Fallaci dal titolo “Occidente, Occidente”. Un’altra opera che ha confermato e dato credito al mio percorso artistico è stata l’opera “La Madonna del Terzo Reich”.
Si trattava di una rivisitazione di un quadro di Raffaello in cui è rappresentata la Madonna con in braccio un piccolo Hitler.
Le tue opere spesso sfidano le convenzioni e affrontano temi controversi. Come scegli i soggetti delle tue creazioni?
Prima di realizzare un’opera c’è una lunga gestazione e approfondimento dell’argomento di cui voglio trattare finché non viene l’idea giusta. Il mio lavoro ruota attorno a temi sociali che sono controversi in sé, come: politica, religione e sesso.
Nel momento in cui tocchi questi temi, da qualsiasi punto di vista, risulti un provocatore.
Il soggetto viene scelto in base al tema che ritieni urgente in quel momento e la riuscita dell’opera dipende da quanto quel soggetto sei riuscito a renderlo simbolico.
C’è un messaggio o un’idea centrale che cerchi di comunicare attraverso la tua arte?
Per quanto possa sembrare presuntuoso, dietro ad ogni mia opera spero sempre di raccontare un frammento di verità. É risaputo che la verità è un’arma a doppio taglio, però un artista (se lo è veramente) non deve avere paura e deve sforzarsi di cercarla e rappresentarla. Spesso la bellezza di un’opera è determinata proprio dalla verità che vuole rivelare.
Il tuo stile è riconoscibile e iconico. Quali artisti o movimenti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Un artista a cui devo molto è Andrea Pazienza, spesso trovo nelle sue opere gli stimoli giusti per continuare a fare il mio lavoro. Il movimento a cui solitamente vengo affiancato è la Pop Art, alla quale devo molto, ma ho sempre ribadito che il momento storico a cui sono più legato è il Rinascimento e il Barocco.
In che modo il contesto sociale e politico influenza il tuo processo creativo?
Molto. Il mio lavoro è prevalentemente influenzato dalle condizioni politiche e sociali in cui vivo. I temi che tratto sono spesso sociali e vogliono essere un termometro che misura il grado culturale di quest’epoca.
Come vedi il ruolo dell’artista nel panorama culturale contemporaneo? È cambiato rispetto al passato?
In passato l’artista aveva un ruolo sociale ben definito, oggi il suo ruolo è abbastanza variegato e indefinito. Ogni artista si costruisce liberamente un suo spazio operativo e il suo personale ruolo sociale. Mi sono da sempre definito un cronista dell’arte con l’intento di avvicinare a questo mondo un pubblico sempre più vasto.
Che rapporto hai con il mercato dell’arte? Come riesci a bilanciare il lato creativo con le esigenze commerciali?
Non mi sono mai posto il problema (forse sbagliando). L’unica problematica che mi interessa di un’opera è la sua qualità tecnica e la sua capacità comunicativa. Devo ammettere che dentro o fuori il mercato, le mie opere hanno sempre trovato un collezionista disposto a comprarle e questo mi rende un artista fortunato.
Il coefficiente di un artista è spesso oggetto di dibattito. Come percepisci il tuo coefficiente e in che modo influenza il tuo rapporto con i collezionisti e il mercato?
A mio parere il coefficiente è un metro di valutazione molto limitativo, guarda solo le misure del formato dell’opera e non il contenuto. Per quanto mi riguarda un coefficiente non può determinare il vero valore di un’opera.
Il coefficiente che mi è stato applicato fino ad oggi mi ha sempre soddisfatto in parte, perché penso sempre di valere di più.
C’è qualcosa di nuovo che possiamo aspettarci nel tuo lavoro?
Forse un Murale in una città Toscana e anche una grande scultura in Lombardia, però ancora non si sono definiti tutti i dettagli, quindi lasciamo tutto al tempo.

Esperta di digital marketing, Amelia inizia a lavorare nel settore fintech nel 2014 dopo aver scritto la sua tesi di laurea sulla tecnologia Bitcoin.
Precedentemente è stata un’autrice di diversi magazine crypto all’estero e CMO di Eidoo. Oggi è anche co-founder e direttrice di Econique e della rivista Cryptonomist. E’ stata nominata una delle 30 under 30 secondo Forbes.
Oggi Amelia è anche insegnante di marketing presso Digital Coach e ha pubblicato un libro “NFT: la guida completa’” edito Mondadori. Inoltre è co-founder del progetto NFT chiamati The NFT Magazine, oltre ad aiutare artisti e aziende ad entrare nel settore. Come advisor, Amelia è anche coinvolta in progetti sul metaverso come The Nemesis e OVER.