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ANDREA CRESPI: rivoluzione o decorazione? La verità che nessuno ti ha mai detto

Nuovo giorno, nuova intervista per Econique: questa volta con l’artista Andrea Crespi.

La tua arte ha uno stile molto distintivo. Come descriveresti la tua poetica e quali sono le tue principali fonti di ispirazione?

La mia poetica vive nel contrasto. Unisco passato e futuro, visibile e invisibile, artificiale e umano. Mi ispiro alla storia dell’arte, alla cultura pop e alle fratture della società contemporanea per creare opere che siano specchi e glitch della nostra realtà.

Che ruolo gioca la tecnologia nel tuo processo creativo?

La tecnologia è la mia estensione creativa. Mi permette di trasformare idee in realtà. È lo strumento con cui ridefinisco il concetto di arte, seguendo le mie regole.

Secondo te, cosa distingue l’arte contemporanea di oggi rispetto al passato? Quali sono i suoi punti di forza e le sue debolezze?

L’arte contemporanea oggi è accessibile, globale, ibrida. Mescola media, culture e linguaggi come mai prima, ma spesso le manca il coraggio e l’autenticità, diventando ruffiana e piegandosi alle logiche di mercato, fino a perdere il suo reale significato.

Come vedi il rapporto tra arte e investimento? Credi che il valore finanziario possa influenzare il valore artistico di un’opera?

Arte e investimento sono inevitabilmente intrecciati. In linea teorica il valore finanziario non dovrebbe mai dettare quello artistico. Nella pratica, però, la realtà è diversa e troppo spesso la percezione del pubblico cresce in base al valore economico, alimentando un sistema non sempre onesto dal punto di vista culturale.

Qual è la tua opinione sui collezionisti che acquistano opere solo come investimento e non per passione?

Sono per la libertà. Ognuno deve decidere di spendere i propri soldi come vuole. Detto questo, credo che un collezionista mosso solo dal puro investimento perda una parte importante dell’essenza dell’arte: l’esperienza, l’emozione.

Ridurre tutto a una semplice transazione, un bene da capitalizzare, è comprensibile, ma profondamente limitante.

Che consiglio daresti a un giovane artista che cerca di emergere in un mercato artistico sempre più competitivo?

Non fare nulla e dichiara che l’arte è nell’assenza: diventerai leggenda postuma e il mercato impazzirà per le tue opere mai realizzate.

Quali saranno le principali tendenze che guideranno il mercato dell’arte nei prossimi 5-10 anni?

Nei prossimi 5-10 anni, il mercato dell’arte continuerà con installazioni che nessuno capisce ma tutti fingono di amare, opere considerate geniali solo perché fanno tanti like sui social e aste dove il vero protagonista è il prezzo.

Insomma, niente di nuovo rispetto a oggi. Forse l’unica vera innovazione sarà la nascita di artisti che vendono idee non realizzate, dichiarando che l’arte sta nell’intenzione.

Quanto conta per te il dialogo con il pubblico? Che emozioni o riflessioni vorresti suscitare in chi osserva le tue opere?

Il dialogo con il pubblico è tutto. L’arte non esiste senza chi la osserva, la apprezza o la critica. 

Ognuno percepisce il mondo in modo diverso, e per me conta che le opere creino connessioni e suscitino emozioni reali, anche solo stupore o meraviglia, spingendo chi osserva a leggere tra le righe.

C’è un’opera nella tua carriera che consideri particolarmente significativa o simbolica? Se sì, quale e perché?

Credo che tutte le opere che ho realizzato abbiano contribuito a creare chi sono oggi. Anche quelle con meno visibilità o impatto sono state fondamentali per il mio percorso. L’arte è fatta di evoluzione, e l’evoluzione non può esistere senza sperimentazione.

Qual è il tuo punto di vista sull’arte come strumento di cambiamento sociale? 

Ci sono opere che creano grandiose rivoluzioni e altre che sono meravigliose decorazioni. Dipende tutto dall’intenzione.

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