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Tiziano Tancredi: ecco spiegato il mestiere del curatore d’arte

Per capire da vicino il mestiere del curatore, abbiamo intervistato Tiziano Tancredi, curatore d’arte contemporanea interessato ai rapporti di ordine antropologico, sociologico e architettonico che le arti visive instaurano con lo spazio pubblico. 

L’intervista è disponibile in italiano, inglese e francese, cliccando sulle corrispondenti bandierine nel menu principale del sito.

Tiziano, qual è stato il momento decisivo che ti ha portato a intraprendere la carriera di curatore d’arte? 

Spesso nella vita sono gli incontri con le persone che ti aprono la mente, conducendoti verso scenari non facilmente intuibili o neanche lontanamente immaginabili prima. Soprattutto in un momento di formazione universitaria in Storia dell’arte, in cui ci si sente un po’ spersi ma al contempo dentro ad un àpeiron, una specie di multiverso dove tutto può succedere. È per questo che Il momento decisivo lo ricordo con precisione.

Coincide con l’incontro, grazie all’artista caro amico in comune Diego Miguel Mirabella, con il curatore, giornalista e perito d’arte Roberto D’Onorio. Con Roberto ho avuto modo di collaborare al progetto Nuda Proprietà all’interno di quell’importante fucina di saperi e di condivisione, personalmente una palestra di vita, che è stato il Rialto Sant’Ambrogio di Roma


Come descriveresti il tuo approccio alla curatela? Quali sono i principi che guidano il tuo lavoro?  

Posso dirti che sin dall’inizio del mio percorso la curatela è sempre stata legata a doppio filo con la scrittura. Scrivere delle parole che da una parte potessero fare chiarezza sul punto di vista di un* artista* in mostra e sul contesto in cui si inserisce la sua ricerca, e che dall’altra aiutassero a riverberarne e moltiplicarne il significato alla luce di nuove interpretazioni.

Questo approccio è legato indissolubilmente alla mia formazione da storico dell’arte: il più grande insegnamento che ho tratto dal mio percorso universitario triennale e magistrale alla Sapienza di Roma è stato sicuramente la possibilità di attingere ad un serbatoio di riferimenti, mettendoli in relazione con quello che vedevo nella contemporaneità.

Proseguendo nel percorso, ho capito che l’attività teorica di scrittura non fosse che una delle parti che compongono la progettualità di curatela di una mostra, e che include soprattutto aspetti burocratici, logistici ed organizzativi.

Come individui nuovi artisti da includere nelle mostre che curi? 

Se intendi in che modalità, non farò segreto, anche perché potrebbe essere il segreto di Pulcinella, nel dire che sicuramente instagram gioca un ruolo fondamentale nel seguire le attività degli artisti* già conosciuti* ma anche nella conoscenza e scoperta di nuovi*. Esiste, ogni tanto ce lo dimentichiamo, la validissima e sempreverde opzione offline.

In una mostra che può essere in un artist run space, in una galleria, in una fondazione o in un museo, vedo delle opere che mi colpiscono e quindi vado ad approfondire chi le ha realizzate. In una parola, come moltissimi colleghi e moltissime colleghe, faccio ricerca.

Più in generale, sono stimolato dalla scoperta di nuovi talenti emergenti, in cui poter riconoscere del valore che non debba necessariamente essere in linea con i miei interessi pregressi. Potrebbero essere la scintilla, il tassello finale per il completamento di un puzzle progettuale o per creazione di uno nuovo ex nihilo.

Quanto ritieni importante che le opere esposte riflettano le sfide e le questioni della società contemporanea?  

Sicuramente le opere degli artisti* che affrontano e trattano le grandi questioni cruciali che riguardano tutte e tutti come il cambiamento climatico, l’eguaglianza di genere o la transizione digitale sono di primaria importanza in quanto specchio delle sfide sociali, culturali, antropologiche, politiche della nostra epoca. Non escludo, anzi sono interessato allo stesso modo a tematiche meno gettonate che siano più tagliate su una nicchia meno considerevole della popolazione.

Per fare un esempio più da vicino, nel 2023 ho scritto un testo critico dal titolo La disperazione è una forma superiore di solitudine. Per ora, noi la chiameremo “trap” per la mostra personale NO CAP di plurale ad ON/OFF a Milano, oltre a scrivere storia e testi per la graphic novel Di Barona e di Trap confluita nel libro SNITCH. Dentro la trap a cura di Alessio Vigni e plurale, Psicogeografici Editore, Roma.

In questa fase del loro percorso di ricerca, a plurale interessa parlare delle problematiche legate all’influenza dell’estetica trap sulla generazione z di cui fanno parte.

Qual è stata la collaborazione più significativa della tua carriera, e perché?  

Non ho dubbi: la collaborazione più significativa della mia carriera è stata sicuramente quella con il Sindacato Pensionati Italiani della CGIL, grazie alla chiamata da parte di Lorenzo Rossi Doria, che mi ha permesso la realizzazione della mostra collettiva “Il Personale è Politico | Il Politico è Personale” con gli artist* Federica Di Pietrantonio, Verdiana Bove, Guerilla Spam e Collettivo FX, che ho curato in occasione del loro XXI congresso nazionale a Fiera di Verona, nel 2023.

In quell’occasione mi sono sentito sostenuto dall’inizio alla fine rispetto all’idea di mostra che avevo in mente, senza praticamente dover scendere mai a compromessi. È stato un win-win per tutti, artist* compresi, che hanno viste acquisite parte della opere esposte in mostra nella collezione dello Spi-CGIL

Quali differenze noti nel modo in cui l’arte è percepita e presentata in contesti internazionali rispetto a quello italiano?  

Non posso fare un discorso di percezione in generale quanto piuttosto soffermarmi sui paesi di cui ho maggiore contezza. In Francia, ed in particolare a Parigi, ho vissuto per 4 anni a cavallo tra il 2019 e il 2023, lavorando alla Bourse de Commerce e alla Galerie Valeria Cetraro. Rispetto all’Italia, ho la convinzione che lì vi sia una maggiore professionalizzazione della figura dell’artista*, oltre ad un numero crescente di tutele in quanto affiliati al regime sociale apposito degli artistes-auteurs.

Gli art worker italia stanno lavorando molto per tentare di colmare il gap tra l’estero e il nostro paese in questo senso. In Francia esiste inoltre una ramificata attività di sostegno al sistema dell’arte contemporanea, che prende il nome dei FRAC, i Fonds régional d’art contemporain (Fondi Regionali d’Arte Contemporanea). In Italia, sebbene siano stati fatti dei passi avanti con l’incremento dei bandi della Direzione Generale Creatività Contemporanea, non mi sembra che siano stati raggiunti dei risultati così organici.

In che modo le tecnologie digitali stanno influenzando il ruolo del curatore?  

Le tecnologie digitali stanno influenzando profondamente il ruolo del curatore, ampliando le sue capacità e cambiando il modo in cui l’arte e la cultura vengono presentate e fruite. Ecco alcuni degli aspetti principali:

• Accesso e diffusione globale: Le piattaforme digitali permettono ai curatori di raggiungere un pubblico globale. Mostre virtuali e contenuti online, come video, immagini ad alta risoluzione e tour interattivi, consentono di abbattere le barriere geografiche e temporali, ampliando l’accesso all’arte.

• Nuove modalità di curatela: La curatela non si limita più alla gestione di mostre fisiche. I curatori ora sono chiamati a progettare esperienze interattive e immersive, come installazioni digitali, realtà aumentata (AR) e realtà virtuale (VR), che coinvolgono il pubblico in modi innovativi.

• Conservazione digitale: Le tecnologie offrono nuove soluzioni per la conservazione delle opere, sia fisiche che digitali. L’archiviazione digitale di opere d’arte e documenti consente una preservazione più duratura e accessibile, ma anche nuove sfide riguardanti la protezione dei diritti e la gestione delle informazioni.

• Analisi dei dati e personalizzazione: I curatori possono utilizzare strumenti di analisi dei dati per comprendere meglio il comportamento e gli interessi del pubblico. Questo permette di creare esperienze personalizzate e di adattare le mostre in base alle preferenze dei visitatori.

• Collaborazioni e accessibilità: Le tecnologie digitali favoriscono la collaborazione tra curatori, artisti e istituzioni da tutto il mondo. Inoltre, grazie a strumenti di accessibilità digitale, come sottotitoli, audioguide e traduzioni automatiche, le mostre diventano più inclusive.

• Evoluzione del concetto di “spazio espositivo”: L’ambiente fisico della galleria o del museo è solo uno dei molteplici spazi in cui si sviluppano oggi le pratiche curatoriali. I curatori esplorano nuove modalità di interazione con il pubblico, anche attraverso piattaforme social, siti web e app, in cui la curatela può avvenire in tempo reale e a distanza.

In sintesi, le tecnologie digitali stanno arricchendo e moltiplicando le possibilità per i curatori, ampliando i confini tradizionali del ruolo, sia nella gestione delle opere che nell’interazione con il pubblico.

Ad esempio, chiedendo a chatgp di rispondere a questa domanda. Ecco però la mia:

La sempre maggiore digitalizzazione della contemporaneità, quella che in una risposta precedente menzionavo come “transizione al digitale”, ha un impatto decisivo sulla società e di converso anche sull’arte, sulla sua fruizione e sulla sua produzione. In quanto curatore che vive in quest’epoca definita della società dell’informazione e della conoscenza, non posso non guardare con interesse all’evoluzione e alle ripercussioni che ciò ha sulle ricerche degli artisti* contemporanei.

Federica Di Pietrantonio, a mio avviso una delle artiste più interessanti del panorama italiano, dei punti di contatto e di discrimine tra la realtà e quella esperita attraverso processi di identificazione e rappresentazione in realtà simulate/aumentate/virtuali ha fatto il fulcro della propria ricerca.

  

Qual è, secondo te, il rapporto ideale tra la curatela e il mercato dell’arte?

Io credo che un buon* curator* possa e debba essere anche un buon* art advisor. Non certo per motivazioni astratte, ma perché nel corso della sua esperienza di studio o di lavoro dovrebbe aver maturato tra le frecce al suo arco anche questa abilità.

Se ha fatto bene il proprio lavoro, se ha presentato e difeso con dovizia di particolari e forza di argomentazioni il lavoro di un* artista*, perché ci crede in prima persona, la vendita che possa essere ad un* collezionista privato, ad una fondazione o ad un museo, dovrebbe essere la più normale, sicuramente la più auspicabile, conclusione di questo processo. Ovviamente, tanto più un’opera d’arte interseca i gusti dell’acquirente, tanto più l’acquisizione è probabile.

Quali suggerimenti daresti a chi desidera intraprendere la professione di curatore d’arte?

Di essere curiosi. Di buttarsi e magari sbagliare ma con una consapevolezza in più. Di girare parecchio e di conoscere il maggior numero di persone possibili. Di cercare di collaborare in modo sano con persone che sostengono la tua visione e credono che il tuo apporto possa essere di arricchimento e di scambio per loro.

Di non pensare esclusivamente al posizionamento, alla ricerca di una fantomatica e ideale coerenza di rappresentazione di sé a tutti i costi (che non esiste!).

Una volta guadagnata una benché minima posizione, di essere generosi e di condividere esperienze e informazioni con chi si affaccia a questo mondo (più piccolo di quanto si creda), per la prima volta. Di non demordere ai primi insuccessi, ma anzi di perseverare, perché le cose, se le si vuole, prima o poi arrivano.

Puoi condividere qualcosa sui tuoi prossimi progetti o mostre?

Sono abbastanza scaramantico e sposo appieno la filosofia trapattiana del non dire gatto se non ce l’hai nel sacco. Posso anticipare però che sto seguendo il progetto Appartenenza, tuttora in corso, dell’artista Enrico Tuzzi, in arte Carne.

Attraverso medium quali la fotografia, il collage e il ricamo, Appartenenza abborda questioni esistenziali centrali per l’essere umano, affrontando il tema dell’identità e contribuendo ad aggiungere dei tasselli alla ricostruzione della memoria storica dell’Ex-Jugoslavia. 

Foto: Installation view « Convivo » ADR, Pablo Mesa Capella, a cura di Tiziano Tancredi con Nuda Proprietà, Rialto Sant’Ambrogio, dicembre 2014-gennaio 2015, Roma. Foto: Maurizio Mancini

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