Abbiamo incontrato e fatto due chiacchiere tête-à-tête con Giovanna Caruso Fendi, fondatrice di FOROF, spazio sperimentale romano a cavallo tra arte contemporanea e archeologia. FOROF si trova a due passi da Piazza Venezia, di fronte alla Colonna Traiana. Il progetto architettonico di rinnovo degli spazi di Palazzo Roccagiovine è stato affidato a studio IT’S. Parola a Giovanna Caruso Fendi.
Dove tutto è cominciato

Iniziamo da come è nata la tua passione per l’arte. C’è una figura familiare o esterna che ti ha indirizzata?
Credo sicuramente di poter affermare che fin da piccola io abbia respirato l’amore per il bello e per l’arte, grazie alla famiglia nella quale sono nata.
Non posso dimenticare l’entusiasmo e l’eccitazione quando sapevo che da mia mamma Alda arrivava Karl Lagerfeld. Era a Roma per lavorare in azienda e disegnare le nuove collezioni. Doposcuola lasciavo tutti per correre e mettermi a gambe incrociate sotto al tavolo dove lui disegnava.. andavo addirittura a recuperare nel cestino i disegni da lui scartati.
Che percorso di studi hai scelto?
Ho intrapreso un percorso del tutto diverso, perché sono laureata in legge, ho fatto l’esame da procuratore e lavorato anche nel dipartimento ufficiale dell’azienda, quindi nella società extragiudiziale che si occupava di contraffazione.
Quando le 5 sorelle Fendi hanno venduto il marchio di famiglia alla LVMH, proprio in quel momento, mi sono resa conto che la Legge non era il mio cammino.
Da lì mi sono dedicata alla gestione degli artisti, grazie a mia mamma che ha creato una fondazione. Poi, ho approfondito la mia passione insieme alla mia figlia maggiore, Veronica, che si è laureata in Management della cultura presso la Bocconi e ha conseguito il master del Sotheby’s Institute. Viaggiavamo insieme, giravamo per mostre, atelier, fiere.
Ha lavorato con Richard Saltoun, ora è Gallery Manager di Galleria Continua a Roma.
Palazzo Roccagiovine, dirimpetto alla Colonna Traiana è la sede di FOROF

Perché hai scelto questo luogo come sede del tuo progetto?
Siamo di fronte alla Colonna Traiana, nel foro più maestoso dei Fori Imperiali. L’ho potuto rilevare dalla mia famiglia, continuare la tutela per preservare il magico sito archeologico che si trova nell’Ipogeo…la pavimentazione dai marmi policromi pertinente la Basilica Ulpia del II sec. d.C. è stata considerata una scoperta archeologica di estrema importanza. Non solo si è potuto capire come fosse effettivamente la colorazione dei marmi ma anche come fosse disposta la Basilica che si estendeva sotto il Palazzo fino all’Altare della Patria.
Dentro FOROF si snoda in particolare la parte orientale dove avveniva quotidianamente il rito pubblico della manumissio vindicta che liberava gli schiavi facendoli diventare Liberti, “persone libere” ma soprattutto cittadini romani.
Questa emozionante scoperta aveva bisogno di essere valorizzata. Ho voluto riaprire questo luogo che era rimasto chiuso per vent’anni, tutelarlo, preservarlo ma soprattutto valorizzarlo con un progetto innovativo.
Come?
Ho creato quindi una startup grazie a un bando che ho vinto e che mi ha permesso di avere un cuscinetto di finanziamento da restituire in 8 anni a tasso 0.
Quindi cosa significa per te essere proprio in questo punto di Roma?

Siamo nel cuore e nelle viscere dell’Impero romano. Lo stesso nome FOROF è palindromo e richiama la Colonna Traiana che, come disse lo scrittore Italo Calvino, sembra quasi una pellicola cinematografica. Racconta le gesta dell’imperatore nella battaglia contro i Daci.
La narrazione procede come in una spirale e può essere letta dal basso verso l’alto o viceversa, come se potessimo avanzare dal passato al futuro attraverso il presente. Voglio che FOROF incarni un ponte tra epoche e tra luoghi. Il linguaggio innovativo e multidisciplinare degli artisti contemporanei ci proietta nel futuro, toccando specifiche tematiche e attingendo dal potenziale del presente.
L’obiettivo di FOROF per Giovanna Caruso Fendi
Qual è l’obiettivo di FOROF?
Partiamo dal Genius Loci, perché, come spiegavo, siamo davanti alla Colonna Traiana e insistiamo sui basamenti dell’antica Basilica Ulpia.
L’obiettivo è far dialogare l’archeologia con l’arte contemporanea in modo permanente e continuativo. FOROF dispiega il suo programma tramite stagioni ed episodi.
Le stagioni sono la programmazione artistico-culturale che viene affidata ogni anno a un artista contemporaneo diverso, che non appartiene né alla categoria degli emergenti né a quella dei grandi maestri, ma a quella dei mid-career.
Quali criteri segue il board per selezionare gli artisti?
La scelta ricade su artisti che rispondono a determinati requisiti e che possano essere in grado di recepire la carica potente di questo luogo. In particolare, artisti che vantino un percorso multidisciplinare e performativo che prediliga l’interazione con i luoghi e lo spazio.
La continuità a cui fa riferimento il progetto è data proprio dalla programmazione degli episodi che scandiscono il public program, ogni mese, per tutti i 9 mesi in cui l’installazione site-specific rimane permanente, andando a riattivare e approfondire le tematiche che gli artisti protagonisti hanno messo in luce attraverso la mostra principale.
Far appassionare un pubblico generalista all’arte contemporanea e all’archeologia

Vuoi avvicinare non solo gli addetti al settore ma anche un pubblico generalista all’arte contemporanea, partendo da un sito archeologico. Stai riuscendo a portare avanti questa mission e che cosa vorresti cambiare o vorresti aggiungere?
In questi 3 anni di vita di FOROF, ogni piccolo successo è stato reso possibile grazie ai visitatori. Chi è entrato, attratto dal contenuto archeologico del sito, è stato poi trasportato da un team di giovani esperti – tutti laureati in storia dell’arte, in archeologia o management nell’arte – rimanendo colpito dal dialogo con l’arte contemporanea. Chi, invece, è entrato pensando di trovare uno spazio legato solo all’arte contemporanea ha pianto davanti alla pavimentazione marmorea della Basilica Ulpia. Ciò testimonia che questa intersezione di passato, presente e futuro viene realmente percepita in FOROF.
Questo progetto non ha niente a che fare né con una fondazione, né con una galleria d’arte, né tantomeno con un con un museo. La veste giuridica che ho voluto usare è quella della società srl benefit corporation: il profitto e i ricavi vengono reinvestiti nella programmazione artistico-culturale. Accanto allo scopo di una società conta quindi il beneficio per la comunità sociale, affinché sia lampante un impatto positivo e duraturo dal valore condiviso. Per questo penso sia importante poter rinominare il mecenatismo.
Giovanna Caruso Fendi e l’idea di un mecenatismo diffuso
Cosa intendi per mecenatismo?
Attualmente non possiamo pensare al mecenatismo identificandolo con la sua forma rinascimentale in cui il singolo magnate dell’arte o la singola famiglia, ad esempio i Medici a Firenze, erano i principali committenti di opere d’arte.
Oggi tutti possiamo essere mecenati, nel nostro piccolo, medio e grande, a seconda delle possibilità. Credo sia fondamentale sentirsi partecipe di un progetto. Ora che FOROF può dirsi avviato per la parte artistica, voglio incentivare i contenuti culturali. Ho ridefinito questa forma “mecenatismo diffuso o mecenatismo collettivo”, prendendo in prestito dal mondo della moda una sorta di mecenatismo “prêt à porter”. Entrando da FOROF è come se volessimo creare l’outfit di un designer famoso, entrare nell’allure e partecipare a nuove sensazioni.
Come?
Con il lancio dei Caffè culturali contemporanei, ispirati a quelli delle Avanguardie del Novecento, come Cabaret Voltaire a Zurigo e Bal Tic Tac di Giacomo Balla a Roma, nati dopo la lacerazione sociale scaturita dal conflitto mondiale. Erano ambienti ideali per gli artisti che non si limitavano a costruire la scenografia del luogo ma avevano un obiettivo comune di aggregazione e scambio. Non è un caso che FOROF sia nato durante il lockdown, la pandemia ci ha fatti piombare in una sorta di periodo di guerra. Credo che Roma avesse bisogno di un luogo dove questa aggregazione potesse scaturire dal linguaggio nuovo degli artisti contemporanei, come un grido comune di solidarietà.
Gli artisti contemporanei, inoltre, sono in grado di sollecitare un’apertura mentali partendo dalle questioni cruciali dell’attualità.
La quarta stagione di FOROF con i Gelitin/Gelatin

Proprio a questo riguardo, come è nata la quarta stagione di FOROF e perché avete deciso insieme al curatore di coinvolgere i Gelatin?
Si è realizzato il mio sogno di portare a Roma i Gelitin/Gelatin con la cura di Bartolomeo Pietromarchi che è anche il rappresentante di quello che è il Board o Comitato scientifico di FOROF. Ho sempre detto che un progetto del genere deve essere supportato da professionisti. Il mio è un contributo più da autodidatta. Quando mia figlia Veronica iniziò a studiare il Master, un giorno tornò a casa estasiata: a lezione gli avevano parlato di un collettivo formato da pionieri nel campo performativo, per la loro abilità di mescolare audacia, gioco e critica sociale. I Gelitin/Gelatin sono 4 artisti austriaci che si sono conosciuti nel lontano 1978 in un campo estivo e dal 1993 hanno deciso di collaborare e lavorare insieme fino ad oggi.
Attraverso la loro arte si possono infrangere convenzioni, oltrepassare tabù e pregiudizi, sia a livello individuale che collettivo. Li abbiamo portati per la prima volta a Roma e in un luogo che parla proprio di libertà.
Quali sono state le stagioni di FOROF?
Stagione I “Lovotic” dei Soundwalk Collective a cura di Threes Production
Stagione II “Sortilegio” di Alex Cecchetti a cura di Maria Alicata
Stagione III “Baltic Adventure” di Augustas Serapinas a cura di Ilaria Gianni
Stagione IV “Nimbus Limbus Omnibus” dei Gelitin/Gelatin a cura di Bartolomeo Pietromarchi
Nimbus Limbus Omnibus

Mi vuoi raccontare di Nimbus Limbus Omnibus?
Nimbus Limbus Omnibus ricorda una formula magica, può richiamare alla mente anche la formula che veniva pronunciata dal magistrato durante il Rito della “manumissio vindìcta”: vindicàtio ex servitùte in libertàtem. La formula assolveva ed emancipava lo schiavo dalla subordinazione al padrone, rendendolo così cittadino romano. La liberazione era intesa quindi come libertà di assunzione di diritti ma anche di doveri, era inoltre una forma di consapevolezza dei propri limiti.
Questo aderire alle responsabilità credo ti stia molto a cuore, con FOROF vorresti portare benefici alla comunità…
Torniamo alla figura della spirale.
In un’intervista Giuseppe Penone si è soffermato sulle cellule vegetali la cui crescita in lunghezza deriva dalla deposizione a spirale delle microfibrille di cellulosa. Penone le mette in relazione con la mente umana come se, allo stesso modo, seguisse un andamento evolutivo a spirale. La medesima spirale che caratterizza la Colonna Traiana e che ispira questo spazio di sperimentazione. Molte persone intraprendono percorsi di analisi oggigiorno, io stessa. Gli psicologi e gli psichiatri pongono spesso come esempio la scala a chiocciola: per sciogliere gli scheletri nell’armadio o gli schemi logici solidificati bisogna tornare indietro per poi andare avanti, riavvolgere il nastro.
La psicologia è presente nei lavori dei Gelitin/Gelatin che vengono proprio dal paese dove la Psicanalisi freudiana è nata. Hanno scelto di esporre dei busti bendati, presentati nel lontano 2019 nella galleria di Vienna. Appena hanno visto questo luogo hanno pensato ai busti.
La performance di Lu.Pa

Ci ricolleghiamo così alla performance di Lu.Pa che rimarcava la simbologia dei busti.
La programmazione degli episodi è realmente connessa con il concept della stagione.
Gli artisti degli episodi sono scelti quando trattano tematiche connesse alla mostra l’idea iconica dell’immaginario collettivo di cosa rappresenta un busto nella classicità romana. Il volto è proprio l’espressione della classicità dei busti che incontriamo nelle ville e nei giardini della Roma antica. Infrangono quest’idea perché i loro busti sono privi di volti,sono due nuche che si specchiano l’una nell’altra. Significa che doobbiamo fare un percorso che è proprio il Nimbus Limbus Omnibus un sogno di trasformazione. Tutti abbiamo una storia ma non dobbiamo esserne incatenati, abbiamo un bagaglio ma non ci deve appesantire e bloccare, dobbiamo toglierci la specificità per capire che possiamo salire sullo stesso autobus, che apparteniamo al genere umano. Andando oltre la specificità, subentra l’umanizzazione. Accettando i nostri limiti possiamo entrare in un limbo, una nuvola eterea senza confini. Vedo il loro percorso come la Divina Commedia. Il nimbus per me rappresenta la Selva Oscura in cui si trova Dante, attraverso l’incontro con Virgilio che rappresenta il pensiero quindi le due teste che non hanno volto ma due crani pensanti.
Lu.Pa è composto da due artiste donne con la loro unicità che si sono fuse in un duo, cedendo quindi la propria specificità. Nella performance è come se si fondessero in un unico corpo. Anche per come sono fisicamente e per come si presentano hanno effettivamente degli elementi di somiglianza.
Nella performance indossavano queste gonne che si sollevavano e coprivano il volto. Nonostante ciò riusciamo a captare il loro sguardo.
Essere donna nell’attualità

Cosa significa essere Donna per te in questo momento e che cosa porta questa performance all’interno della mostra?
Il duo Lu.Pa ha davvero approfondito la tematica della liberazione dei Gelatin. La loro performance rappresenta una scultura in movimento…essendo vicine ai busti hanno creato una connessione sia estetica che etica. Per etica non intendo morale “cosa è giusto o cosa è sbagliato”, bensì un’etica da cui scaturisca una riflessione sulla nostra dimensione come esseri umani.
La performance trae spunto dall’iconica figura di Marilyn Monroe nel famoso film The Seven Year Itch di Billy Wilder, conosciuto come Quando la moglie è in vacanza.
Marilyn si trova su una grata, al di sotto passa la metropolitana, il passaggio alimenta un getto d’aria che solleva improvvisamente la gonna.
Cosa rappresenta a tuo parere questa scena iconica?
Nell’immaginario collettivo ha incarnato l’inizio dell’emancipazione femminile…gli anni ‘60, la liberazione dai costumi rigidi, l’avvento della minigonna. La libertà, tuttavia, andò di pari passo con la prigionia: la donna veniva per l’ennesima volta “incapsulata”, “incasellata” in un nuovo modello.
Il fatto che Lulù e Pamela si pongano l’una innanzi all’altra in maniera speculare allude simbolicamente a un momento di riflessione: la figura del singolo si sdoppia.
Ciò che è a cuore sia dei Gelatin che di Lu.Pa è l’osceno, ciò che è fuori scena e rimarrebbe nell’ombra. Nella performance il ventilatore con il suo rumore assordante è una sorta di mostro, tanto che arriviamo a chiederci quanto gli spettatori possano trattenersi dal desiderio di spegnerlo.
Oggi stiamo ancora combattendo con degli schemi che sembravano radicati ma che sono invece fragili. Ci sono delle forze che vorrebbero trovare la strada più semplice e spegnere il ventilatore e con esso quello che rappresenta: il movimento di trasformazione, perché trasformarsi è un percorso di travaglio. Non tutti siamo disposti ad accettare la fatica. Il patriarcato sembra molto presente, quanti riti di manumissio deve ancora compiere la donna per affrancarsi dal ruolo a cui la società la relega?
Il mercato dell’arte e il collezionismo per Giovanna Caruso Fendi

Cosa pensi del Mercato dell’arte?
Il mio collezionismo intimo personale e contingente. Non sono trainata dalla caccia all’artista promettente, è una logica che non mi appartiene. Per me il collezionismo è anche abbracciare un cammino umanitario e accettare la sensibilità, il pensiero coraggioso, visionario e rivoluzionario dell’arte.
Come definiresti il tuo collezionismo?
Ho iniziato un mio personale collezionismo che deriva tuttavia dalla pancia. Seguo il mio personale intuito e sensibilità. L’arte è stata un filo conduttore potente per tutta la mia vita, fino ad arrivare a costruire un progetto da sola.
Quali sono gli artisti blue-chip o mid-career nella tua collezione?
Augustas Serapinas (Vilnius, 1990) che FOROF ha ospitato con la mostra Baltic Adventure, poi Alessandro Piangiamore, Tomaso Binga, Marta Spagnoli, Žanna Kadyrova – artista ucraina di Kiev.
Chi consiglieresti di seguire tra gli artisti “emergenti” e mid-career?
Sono onorata sia di avere l’opportunità di conoscere artisti giovani sia di poter entrare negli studi dei grandi maestri come Sergio Lombardo.
Ho comprato recentemente un lavoro di Silvia Giambrone (Richard Saltoun) e di Giulia Crispiani da Baleno International in occasione di Arte in Nuvola.
Foro Traiano 1 · Roma
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Collabora da molti anni con riviste di settore come Artribune, XIBT Contemporary, ArtApp, Insideart ed Espoarte, prediligendo l’arte contemporanea nelle sue molteplici sfaccettature e derive mediali.