Abbiamo intervistato Clelia Patella, giornalista nota per il suo impegno nel rendere l’arte accessibile a un pubblico più ampio, per parlare con lei del ruolo del giornalismo nel settore artistico e dei nuovi trend per l’arte contemporanea tra NFT e molto altro ancora.
Quali sono stati i momenti chiave che hanno definito la tua carriera come critica d’arte e giornalista?
Mi sono avvicinata al rapporto tra arte e tecnologia nel 2009, intuendo che fosse un campo da
esplorare e a cui avrei voluto dedicare ricerca e tempo. Ma in quel periodo in Italia c’era davvero poco su questo tema. Nel 2012 ho iniziato a scrivere di arte contemporanea per ArtsLife, dove ho creato una rubrica fotografica che successivamente è diventata un libro. Qualche anno dopo ho ideato il mio format video “Walk in Art” per ilGiornale.it, in cui racconto le mostre più importanti.
Questi sono stati due momenti determinanti nella mia carriera da giornalista. Nel frattempo, ho
sempre sperimentato e sviluppato la mia attività di comunicazione e divulgazione d’arte sui social.
Il confronto con gli artisti e le figure di riferimento è sempre stato il mio maggiore stimolo. Le
interviste e il dialogo continuo con loro sono stati fondamentali per costruire la mia conoscenza in ambito artistico e per formare la mia visione personale.
Nel 2021 ho vissuto un ritorno alle origini, riprendendo la mia ricerca sulle nuove tecnologie
applicate all’arte grazie all’avvento degli NFT e all’evoluzione dell’arte digitale, tornando alla
dimensione che avevo esplorato dieci anni prima, ma che oggi, più che mai, stimola il mio
interesse.
Da lì ho curato e condotto il programma “Lo stato dell’arte” su Radio24, dove ho avuto l’opportunità di confrontarmi con i protagonisti di questa nuova realtà.
Questa evoluzione mi affascina perché la tecnologia offre infinite possibilità, creando un presente in continuo movimento.
Mi piace osservare come, in pochi mesi, qualcosa di nuovo prenda il posto di ciò che diventa obsoleto. Da quattro anni, mi confronto con artisti che esplorano questi nuovi mezzi espressivi.
Quali sono, secondo te, i principali trend che stanno dominando la scena dell’arte contemporanea oggi?
Potrei parlare della fotografia, che resta sempre di moda e per la quale nutro un certo fascino, o del ritorno della pittura, anche se non è mai stata la mia passione, se non per i grandi maestri, ormai lontani e irripetibili. Ma, il vero trend oggi riguarda la fruizione e l’esperienza.
Non si può ignorare l’impatto dell’intelligenza artificiale, che sta influenzando non solo l’arte, ma prima di tutto la nostra vita quotidiana, le abitudini e la percezione della realtà.
Le nuove tecnologie offrono esperienze che superano la semplice contemplazione. “Arte digitale” è un termine che racchiude molteplici pratiche e non definisce un genere ma i nuovi strumenti attraverso cui l’artista può creare, esprimere emozioni e concetti in maniera nuova e potenzialmente infinita.
È una forma espressiva ancora difficile da comprendere e definire. Ma la spiegazione è semplice: il computer, entrato nelle nostre vite decenni fa cambiandole radicalmente, è diventato oggi uno strumento artistico che sta rivoluzionando anche il mondo dell’arte. In realtà, l’intuizione dell’artista, resta il cuore di tutto.
Abbiamo semplicemente a disposizione uno strumento molto più potente, che amplifica le capacità creative. E, sebbene possa sembrare una visione un po’ utopica, credo che tra meno di un decennio le mostre con quadri appesi ai muri diventeranno sempre più rare.
Qual è il ruolo della critica d’arte nel rendere l’arte più accessibile al grande pubblico?
Più che critica, mi considero una giornalista. Cerco sempre di essere obiettiva nel mio lavoro, raccontando l’arte per quello che è, o come l’artista desidera che venga percepita. Tuttavia, mi rendo conto che inevitabilmente l’opinione di chi analizza e divulga l’arte influisce sulla percezione del pubblico. L’arte è una delle poche forme di comunicazione che può essere interpretata, proprio perché è fatta per essere sentita e vissuta.
Oggi, più che mai, è fondamentale far arrivare l’arte al pubblico, non in modo superficiale, ma con una visione che rispetti le evoluzioni del settore e della società. Se un tempo i critici si rivolgevano a un pubblico ristretto, oggi è necessario tenere conto dei nuovi linguaggi e delle generazioni più giovani.
Come vedi l’evoluzione del mercato dell’arte negli ultimi anni e quale pensi sarà il suo futuro?
Negli ultimi anni, il mercato dell’arte si è trasformato anche grazie alle nuove tecnologie, alla digitalizzazione e all’emergere degli NFT. L’arte è diventata più accessibile, globale e fluida. Le piattaforme online e le aste digitali hanno abbattuto le barriere, consentendo a un pubblico più ampio di collezionare e scoprire nuove opere. In futuro, si potrebbe assistere a una crescente democratizzazione del mercato, con un focus sull’arte digitale e sull’esperienza che essa può offrire, oltre che sull’oggetto fisico.
Probabilmente l’arte non sarà più legata solo ai musei o alle gallerie tradizionali, ma si sposterà sempre di più verso spazi virtuali e piattaforme digitali.
Qual è la tua opinione sull’impatto delle nuove tecnologie, come gli NFT, sull’arte e sul collezionismo?
Gli NFT hanno aperto un capitolo nuovo nell’arte contemporanea, creando un mercato e un nuovo modo di collezionare. Le nuove tecnologie applicate all’arte invece permettono agli artisti di esprimersi in nuovi modi, dando valore alle opere digitali. Ciò ha ampliato il concetto di valore artistico: l’opera non è più solo fisica, ma anche immateriale. Credo ci sia ancora un po’ di scetticismo intorno all’arte digitale, e forse confusione su come queste tecnologie si integreranno nel mercato.
Ma sono convinta che, con il tempo, vedremo una maggiore comprensione e integrazione nell’ecosistema artistico. Forse la sfida sarà mantenere l’autenticità e il valore dell’opera in un mondo sempre più digitalizzato e flessibile.
Come il giornalismo culturale può aiutare a promuovere artisti emergenti e nuovi movimenti artistici?
Il giornalismo culturale può fare la differenza se coglie ciò che davvero sta emergendo. Purtroppo, spesso non si parla abbastanza del nuovo, che in un mondo in rapido cambiamento diventa vecchio in tempi brevi. Questo vale anche per l’arte, soprattutto in Italia, dove le novità sono già superate quando finalmente se ne parla.
Non credo che ci sia un vero e proprio movimento artistico emergente, ma ritengo che questo sia un bene, perché significa che il nuovo è diffuso e non confinato a un solo genere o tendenza.
Oggi credo che ci sia una sorta di “movimento totale” nell’arte, che non riguarda solo l’opera, ma anche l’approccio alla creazione, alla fruizione e alla comunicazione dell’arte. È sempre più difficile, e forse lo è già da tempo, definire una corrente dominante, come è stato con l’Arte Povera. Oggi l’arte ha tante direzioni che coesistono in parallelo. Il giornalista deve riconoscere questo cambiamento e parlarne, anche se si discosta dalle narrazioni tradizionali.
Anche i social e la rete sono strumenti fondamentali per scoprire le novità, ma il vero problema è trovare ciò che vale la pena scoprire, perché non tutti ne parlano. Spero che un giorno l’arte non sia più solo una nicchia, grazie anche a un giornalismo che ha seguito l’evoluzione dei tempi e dato visibilità alle intuizioni che plasmeranno i progetti di domani.
Hai collaborato con molte istituzioni e artisti. Quali esperienze ti hanno lasciato un segno indelebile?
Ci sono molte esperienze che mi hanno lasciato un segno. La prima forse è stata la straordinaria accoglienza al Getty Museum di Los Angeles nel 2017, dove ho avuto la fortuna di vivere un momento unico per il mio percorso. Ma è spesso l’incontro con le persone a lasciare il segno. Indimenticabile è stato quello con Philippe Daverio, figura che credo sia stato l’unico vero comunicatore nel campo dell’arte, per la sua straordinaria capacità di raccontare in modo profondo ma accessibile.
E poi l’incredibile magnetismo di Marina Abramović. L’intervista con lei è stata sicuramente la più emozionante della mia carriera fino a oggi. Non è stata una semplice intervista, ma una vera e propria performance.
Ricordo l’incontro come se fosse adesso, durante un Festival del Cinema Di Venezia a cui era stata invitata per presentare un suo cortometraggio. Seduta di fronte a lei, iniziai a porle le domande, lei mi guardava negli occhi, impossibile distogliere lo sguardo anche solo per un attimo. Nonostante ci fossero altri giornalisti, sembrava che avesse scelto proprio me come interlocutore.
Quella conversazione, intima e intensa, creò un’atmosfera sospesa, quasi surreale. Non posso fare a meno di chiedermi se i miei colleghi mi abbiano odiata in quel momento, o se siano riusciti a percepire il regalo enorme che lei ci ha fatto.
Un’altra esperienza che mi ha segnato profondamente è stata la mia prima curatela, durante la Digital Week di Milano due anni fa. Negli anni, mi è stato spesso chiesto di curare mostre d’arte fisiche, ma non avevo mai trovato lo stimolo giusto.
Poi è arrivata la svolta con il digitale. Certo, il luogo era istituzionale, la Triennale di Milano, ma la soddisfazione di vedere il progetto prendere forma ha superato di gran lunga la responsabilità che comporta lavorare in un contesto così prestigioso. Sarò sempre grata per questa esperienza.
Che consiglio daresti a un giovane collezionista che si avvicina per la prima volta al mondo dell’arte?
Non credo ci sia un unico consiglio valido. Certo, il mercato ha le sue regole, ma un giovane collezionista dovrebbe partire dal proprio gusto e dalle proprie possibilità finanziarie. Le prime volte si può anche sbagliare, ma se si segue il proprio istinto e si sceglie un’opera che ci tocca, il primo acquisto non sarà mai un errore. È importante frequentare mostre, informarsi e vivere il mondo dell’arte, perché questo aiuta a capire le evoluzioni del settore.
Ci sono molti libri che possono aiutare a comprendere le dinamiche del mercato. Consiglio di leggere “Lo squalo da 12 milioni di dollari. La bizzarra e sorprendente economia dell’arte contemporanea” di Donald Thompson e “Le tue prime cinque opere d’arte contemporanea” di Deodato Salafia.
Quanto pensi che l’arte debba rispecchiare le questioni sociali e politiche del nostro tempo?
L’arte è sempre stata un riflesso del suo tempo, capace di restituire non solo bellezza, ma anche le tensioni, le urgenze e le contraddizioni che segnano la realtà sociale e politica. È proprio durante momenti di grande crisi che la sua funzione sociale emerge con forza, ponendo attenzione su temi come la devastazione ecologica e le disuguaglianze che rischiano di compromettere il nostro futuro.
Ma l’arte non è solo denuncia. La sua forza risiede nell’essere un mezzo diretto e immediato per risvegliare emozioni e riflessioni profonde. A differenza delle parole, che spesso restano distanti, l’arte è in grado di toccare le corde più profonde dell’animo umano, capace di cambiare una visione, di scuotere la coscienza in un istante.

Esperta di digital marketing, Amelia inizia a lavorare nel settore fintech nel 2014 dopo aver scritto la sua tesi di laurea sulla tecnologia Bitcoin.
Precedentemente è stata un’autrice di diversi magazine crypto all’estero e CMO di Eidoo. Oggi è anche co-founder e direttrice di Econique e della rivista Cryptonomist. E’ stata nominata una delle 30 under 30 secondo Forbes.
Oggi Amelia è anche insegnante di marketing presso Digital Coach e ha pubblicato un libro “NFT: la guida completa’” edito Mondadori. Inoltre è co-founder del progetto NFT chiamati The NFT Magazine, oltre ad aiutare artisti e aziende ad entrare nel settore. Come advisor, Amelia è anche coinvolta in progetti sul metaverso come The Nemesis e OVER.